Ci svegliamo alle 5.35, più o meno. Avevamo deciso di addormentarci nella cappella dell'aeroporto, la "Capilla de la Virgen de Loreto". Il problema era che alle 5.35 del mattino l'aeroporto inizia a popolarsi, e se qualcuno avesse voglia di andare a pregare (d'altronde, chi non va a pregare in aeroporto alle 5.35 del mattino??) non sarebbe carino che trovasse 13 persone accampate una accanto all'altra. Una rapida sciacquata e poi ci rechiamo a fare colazione.
A stomaco pieno e con in corpo un po' di caffè caldo a riscaldarci (anche nella cappella non mancava l'aria condizionata...) ricomincia la ricerca di informazioni: "pare" che oggi sia la volta buona; ovviamente non si sa quando, come, e per merito di chi. Dico "per merito" perchè noi diamo per scontato che se sopraggiunge un problema, questo deve essere risolto; qui sembra non essere così. A me pare che qui, quando si ha un problema, si debba cercare di rendere partecipe della propria situazione qualcuno che conosca bene i meccanismi del posto, e che se ne prenda a cuore. E solo così, secondo me, potremo partire da qui.
Sono quasi le 19, dalle 6 di questa mattina sono dunque passate 13 ore, che in un aeroporto sono decisamente lunghe: oltre a fare un paio di spuntini, due chiacchiere, giocare a carte, ho quindi avuto tempo per riflettere su alcune situazioni "locali". Per prima cosa, come ho accennato prima, una diversa concezione del lavoro: non voglio dire giusta o sbagliata, certamente comunque molto molto lontana dalla nostra. Qui pare stupido esigere immediatamente informazioni, o pretendere di essere serviti (nei negozi, al bar, al ristorante) in tempi rapidi; qui la parola d'ordine è "aspettare", ed è la normalità. Al lavoro non ci si deve stancare; non deve essere una fonte di stress come da noi. Basti pensare che è normale vedere dai sei agli otto camerieri in un bar dove da noi, esagerando molto, se ne potrebbero vedere al massimo tre.
Altre due osservazioni mi sono poi venute in mente durante il tour di Caracas: la prima riguarda, come in tutti i paesi in via di sviluppo, l'enorme disparità sociale. Ho visto case, parchi, macchine stupendi, signori e signore vestiti di tutto punto; e, di contro, vere e propre bidonvilles, con gente vestita di stracci.
La seconda, ma non meno importante, anzi, riguarda il processo di "occidentalizzazione", che a mio modo di vedere è qui molto evidente, e certamente non positivo. La guida, durante la visita della città, ci ha detto che questa è giovane, 250 anni. Beh, si vede che Caracas è una città senza cultura, proprio come si vede che non è pronta ad assorbire quanto da noi si è costruito in millenni di storia. Non è un discorso di presunzione, il mio, e lo voglio chiarire partendo alla lontana, dicendo che è il petrolio la rovina del Venezuela. Non esistesse questa preziosissima risorsa naturale, probabilmente nessuno si curerebbe di questo Stato, che potrebbe così portare avanti una sua cultura, e potrebbe camminare lungo una propria strada, assumendo una identità caratteristica. Ma tutto questo non è possibile a causa dei giacimenti petroliferi presenti sul territorio: questi attraggono le potenze dell'Occidente, che irrompono con prepotenza nel Paese imponendo uno stile di vita "nostro", senza rispettare e lasciare libero (l'esatto contrario della famosa e tanto decantata libertà che si dice di voler promuovere) di svilupparsi autonomamente il popolo locale. Questo accade in maniera molto semplice: l'invasore occidentale lascia una minima fetta di torta (per non dire le briciole), che per la popolazione vuole dire già moltissimo, e trattiene tutto il resto. Non mi ricordo i dati precisi ma, se non sbaglio, avevo letto che solo il 2% dei proventi del petrolio venezuelano ricadono sulla popolazione locale, a fronte di un 98% che va a gonfiare ancora di più le tasche di chi ne avrebbe meno bisogno. Ovviamente questo 2% di una seppure ingente quantità di risorse come il petrolio, non può garantire una distribuzione del reddito equa: da qui la grande disparità sociale, da qui tutta la violenza per cui è, tristemente, famosa Caracas.
Fasi concitate in aeroporto: finalmente chiamano il nostro volo! Tre, forse quattro ore di volo, ma cosa importa: finalmente siamo a Lima!
Due taxi ci trasportano alla missione, che si presenta subito pulita ed accogliente. Una bella doccia e, finalmente, si dorme. E' l'alba.E' vero, la cosa bella di questi giorni è stata che nel gruppo, nonostante la disavventura e i continui scoraggiamenti, dovuti a speranze di voli puntualmente inesistenti, il morale del gruppo è restato comunque molto buono.. ma meno male che siamo arrivati, chissà quanto avremmo retto!!
4 commenti:
La povertà di un popolo serve per creare i ricchi di un altro popolo: si devono solo vergognare!
PS- Visto: nell'attesa ti sei visitato una città che ha promosso riflessioni in te e ora che le condividi anche in chi legge ;)
Sbrigati a scrivere il resto che mi sto appassionando!!
- paola - purtroppo questo è.. ho letto anche un libro a proposito e c'è da rabbrividire..
- giulia - arrivo, arrivo, ho avuto il raduno ieri e oggi.. chiedo venia!
Perdonato, per ora! :D
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