mercoledì 5 novembre 2008

Fine

Aosta, 24 agosto 2007
Dei due giorni di cui non ho detto nulla non c'è molto da dire: sono stati due giorni di viaggio, di poche parole e, credo, molti pensieri. Pensieri vari, magari confusi; pensieri che non ha senso esporre ora. Magari fra qualche giorno, un po' più avanti, quando saranno più "formati". Piazzale della Chiesa, luogo della partenza: ci ritroviamo e salutiamo tutti, per poco: domani sera ci si ritroverà di già per una cena tutti insieme. Che bel gruppo si è formato!

lunedì 27 ottobre 2008

Giorno 22

Huaypan, 21 agosto 2007

Che sensazione strana. Dopo 20 giorni in cui, per un motivo o per l'altro, le nostre giornate sono state contraddistinte da fatica e stanchezza, oggi riassaporiamo il gusto dolce del riposo.
In primo luogo, non c'è stata nessuna sveglia al mattino; ciascuno si è alzato quando ha ritenuto di essere sufficientemente riposato. Secondariamente, è stata una giornata senza "obiettivi" da raggiungere. L'unica cosa da fare era il proprio zaino, dal momento che la sera si sarebbe partiti per Lima; e, chiaramente, ognuno era libero di gestirsi il tempo come meglio credeva.
Ecco quindi che la giornata è scivolata via tranquilla, all'insegna di quello che da noi si chiama "cazzeggio", e che qui invece si riappropria del più nobile significato di "riposo": con tutta calma prepariamo lo zaino, laviamo gli ultimi vestiti che vogliamo lasciare in condizioni dignitose a Isabella, chiacchieriamo, giochiamo, ridiamo, ci scambiamo considerazioni su questa nostra esperienza.
E poi arriva la sera.
Così come era stato al nostro arrivo, così com'era stato solo un paio di giorni fa con i bimbi della casa, arriva un altro momento toccante: i saluti con le bimbe del "taller" di Isa, con le quali abbiamo mangiato, giocato e riso tutte le volte che siamo stati ospiti a Huaypan.
Dopo la cena, per salutarci, intonano svariati canti di festa e di saluto; infine, regalano a ognuno di noi un astuccio fatto da loro.
Piangono, al momento di salutarci. Anche per loro siamo stati qualcosa di bello, di importante. Non so cosa, ma se hanno pianto significa che erano dispiaciute che le lasciassimo; e se erano dispiaciute significa che per loro eravamo stati qualcosa di positivo.
E anche loro lo sono state, come tutte le persone che abbiamo incontrato in questi 20 giorni. Le immagini di Alibeth, Kelly, di tutti i bambini ci scorrono davanti nel corso dell'eterno viaggio in pulman che ci riportava a Lima.

domenica 26 ottobre 2008

Giorno 21

Huaypan, 20 agosto 2007

Oggi è la giornata della discesa dal rifugio. Dopo una notte in cui pochi sono riusciti a dormire a causa dell'altitudine, è ora di tornare alla missione di Huaypan.
Partiamo alle 10.30, e la nostra guida ci dice che "correndo, in un paio d'ore si arriva. Altrimenti ce ne si mette 3-4".
Non avendo nulla da fare, in teoria non sarebbe dovuto importare a nessuno quanto tempo fosse necessario per arrivare a destinazione; a me sì però, perchè volevo chiamare casa, e dunque sarebbe stato importante arrivare alla Missione non più tardi delle 15 (le 22 in Italia). Per questo motivo, ho tenuto spesso sotto controllo l'orologio; e, sempre per questo motivo, ho di nuovo potuto "apprezzare" quanto da questa parte del mondo la concezione del tempo sia così distorta rispetto a quella che abbiamo noi: proprio perchè avevo in testa l'intenzione di chiamare casa, mi trovavo spesso a chiedere alla guida quanto mancasse. Ad un certo punto, con mio sollievo, mi ha risposto che "mancherà mezz'ora, esagerando un'oretta scarsa". Beh, inutile dire che il tempo necessario per arrivare a Huaypan è stato almeno il doppio, e non perchè nel tragitto ci fosse capitato qualcosa; sì, ci siamo fermati un attimo per riposare, e qualche volta per fare un paio di foto, ma non sono certo stati questi minuti a far raddoppiare il nostro tempo di percorrenza.
E' che qui il tempo non è un'ansia, un'angoscia, un'oppressione, come da noi; qui ci si mette il tempo necessario per fare ogni cosa, senza l'assillo del farlo presto, o di corsa. Ecco quindi che anche la percezione della mezz'oretta o oretta scarsa non è, nella mentalità di qui, sbagliata: non avendo il pensiero di arrivare in fretta, e non avendo altro da fare che passeggiare a contatto con la natura e immerso in paesaggi da togliere il fiato, è assolutamente possibile che la nostra guida quantificasse in un tempo misero il tempo necessario per percorrere la distanza.
Arriviamo a Huaypan, e la "nostra" Isa ci fa trovare un bel pranzo (sono le 15!): pasta, secondo e contorno, addirittura un pezzo di dolce! Che cara, e quanto apprezziamo queste premure! Che, forse, nell'abitudine del nostro mondo, forse non apprezzeremmo come qui.
Passiamo il pomeriggio a riposare, siamo stanchi dalla due giorni di cammino; ceniamo con Padre Burbis, che ci racconta qualcosa sulle "esperienze" come quella che abbiamo vissuto, facciamo un paio di mani a belote, e andiamo a dormire: domani è l'ultimo giorno qui a Huaypan.

mercoledì 22 ottobre 2008

Giorno 20

Rifugio dell'Huascaran, 19 agosto 2007

Dopo la messa del mattino a Mushno, ci incamminiamo sul sentiero che ci condurrà al rifugio dell'Huascaran, a 4700 metri di altezza.
Sarà che, in un certo senso, una metafora troppo inflazionata come quella montagna/vita è quello che sto vivendo in questi giorni, però durante la salita ho pensato molto a questo paragone: una salita faticosissima, durante la quale c'è la necessità di qualche sosta defaticante e di rilassamento; momenti nei quali vuoi mollare, credi che non ci riuscirai, che non riuscirai ad arrivare alla meta, che c'è da fare troppa fatica e che tu non sei in grado di sopportarla.
E, invece, per finire, alla cima ci arrivi, e vieni ripagato di tutti gli sforzi fatti durante la salita..

Per quanto riguarda la metafora con la vita.. Beh, l'unica cosa che forse non quadra è che non è vero che nella vita sempre, per forza, si arriva alla meta; e non è neanche detto che, nella vita, ci sia solo una meta da raggiungere; non è detto, inoltre, che le mete che ci prefissiamo siano tali che, per raggiungerle, siano sufficienti i nostri sforzi, ed è questo il mio caso, al quale anche oggi non riesco a non pensare.


Ecco, diciamo che io ero convinto di avere già raggiunto la meta, e invece mi ritrovo in una sosta, ad un punto morto, che non so se si supererà, anche perchè non dipende da me, o non solo, o comunque non so da cosa dipenda.
So, però, solamente, che arrivare alla meta, in questo caso, ripagherebbe tutti gli sforzi, i momenti tristi e le difficoltà incontrate lungo il sentiero. E' un desiderio che speravo di poter esprimere, appoggiato al muretto del rifugio, alla ricerca di una stella cadente, sotto la maestosità dei 6600 metri dell'Huascaran, in uno sfondo da cartone animato vecchio stile Walt Disney.

martedì 21 ottobre 2008

Giorno 19

Huaypan, 18 agosto 2007

Ultimo giorno di lavoro significa anche, però, ultimo giorno con i bambini, che in queste settimane ci hanno riempiti di gioia, e, quindi, di saluti.
In pratica, tutto il lavoro l'abbiamo fatto al mattino; tranne un paio di noi, rimasti alla casa dove lavoriamo, tutti gli altri (e Beppe) siamo andati nel boschetto a tagliare la legna.
C'è da dire che questo boschetto non è il massimo della comodità per prendere la legna, anzi: gli alberi si trovano in uno dei due lati, ripidi, intramezzati da un ruscello; e, ovviamente, il lato dove c'è la legna che ci serve non è quello che dà sulla strada, bensì l'altro.
Questo fatto comporta che, dopo aver tagliato la legna, dobbiamo ribaltare i tronchi da un lato all'altro del boschetto, e solo allora, con l'ausilio di corde, tirare sulla strada il tutto. Con un po' di stupore, riusciamo a trasportare sul ciglio della strada tutta la legna che ci serve prima del pranzo, in maniera tale che nel pomeriggio non ci sia altro da fare se non trasportare, col carro, tutta la legna tagliata, dal boschetto alla casa.
Arriva il pomeriggio, portiamo a termine l'ultima parte del lavoro che ci spetta e, dopo, inizia la triste fase dei saluti, e tutto il "contorno" che li precede: prima, con tutto il gruppo, ci facciamo scattare foto seduti sul (quasi) tetto della casa che, con fatica, abbiamo costruito; poi, regalo una scatola di pennarelli e 7 magliette (una per ciascun bimbo) ai bambini, consegnandole ad Alibeth, la sorella maggiore.
Infine, i saluti. E qui, la maturità di Alibeth mi ha colpito nuovamente: mentre tutti i suoi fratellini e sorellini più piccole, ma anche sua madre, la nonna ed il nonno ci ringraziavano, ma ci chiedevano anche se saremmo tornati "manana", o "Lunes", lei è stata l'unica che aveva capito che non ci avrebbe più rivisto.
Durante gli ultimi giochi, e le foto con i bambini, se ne è stata triste, in disparte; durante i saluti si è allontanata verso il carro di Beppe, come a non volere accettare il fatto di doverci salutare.
E, infatti, non ha salutato, nel vero senso della parola, praticamente nessuno, me compreso. Salvo, mentre camminavo con Simone sulla via di Huaypan, sentirmi chiamare dalla cima di una collinetta "Alessandro! Alessandro!" e, dopo essermi voltato, vedere Alibeth che mi salutava, "Ciao Alessandro!". Un'emozione decisamente forte che mi porterò dentro. Perchè noi, i "gringos", oltre alla casa, per 2 settimane abbiamo come dato gioia e distrazione a questi bambini, facendoli venire a contatto con un qualcosa che non si aspettavano e che per loro era fonte, appunto, di distrazione e gioia.
Come per noi potrebbe essere vivere una giornata con i giocatori della nostra squadra del cuore, noi eravamo i loro eroi: "Don Simon", "Alessandro Hipkins", "Michel dos babayago", "Pablo loco" ecc. Ma quello che mi rende, egoisticamente, triste, è che non siamo stati solo noi a portare qualcosa a loro; mi mancherà molto quello che loro davano a noi: la semplicità di essere felici, il valore dei sorrisi, volendo anche una compassione costruttiva che ti fa incazzare mostrandoti come il mondo non è giusto, ma che ti spinge a voler fare qualcosa per cambiare le cose. Questo è quello che mi porto dentro della giornata di oggi, che si conclude con un gusto dolceamaro: se, infatti, dal punto di vista fisico sono distrutto, e non mi spiace troppo che oggi sia stato l'ultimo giorno di lavoro, dal punto di vista emotivo mi spiace non potere più passare del tempo accanto a questi bambini meravigliosi, da cui ho, abbiamo, ricevuto (e, credo, dato) gioia.

mercoledì 24 settembre 2008

Giorno 18

Huaypan, 17 agosto 2007

Oggi e domani sono gli ultimi 2 giorni di lavoro. La casa per Alibeth, Elmida, e la loro famiglia sarà certamente finita da qualcun'altro, ma vogliamo ancora dare del nostro in queste ultime ore di lavoro.
A lavorare con noi, oggi, una squadra di operai peruviani; in effetti il lavoro è proceduto spedito: in mattinata abbiamo fatto ben 4-5 file di adobes; il che significa, in sostanza, aver fatto le finestre ed essere arrivati quasi all'altezza del tetto. Proprio per questo motivo, nel pomeriggio, siamo andati con "Don Miguel" (il nonno dei bambini) in un bosco, neanche troppo vicino alla casa, a tagliare della legna. Ci abbiamo messo un sacco di tempo per due tronchi, e ci viene detto che domani ne dovremo prendere 16, di varie dimensioni; ci prende lo sconforto, ma poi veniamo a sapere che domani ci sarà Beppe (una specie di tuttofare che aiuta Isabella), con motosega e un carro su cui trasportare tutto il legname, evitandoci la fatica di portarlo a spalla per quel chilometro che c'è tra il boschetto e la casa.
Tornati a Huaypan, questa esperienza peruviana ci insegna ad apprezzare un'altra cosa che nel nostro mondo viene data per scontata: la luce. Sì, proprio così. Siamo rimasti completamente senza luce, dal momento che a Carhuaz un albero è caduto sulle linee elettriche, lasciando i paesini che dipendono da Carhuaz al buio; anzi, non proprio, dal momento che, essendo una cosa che qui pare capitare abbastanza spesso, Isabella non si scompone minimamente. E, con la disinvoltura di chi è abituata a vivere immersa in certe situazioni, accende una candela qui, una lì, e risolve il problema: ora si possono di nuovo salire le scale con tranquillità, andare in bagno, cucinare, insomma.. era tornata la luce! E, anche la cena, con le candele, è stata molto intima, ma non come lo intendiamo noi: non è stata una scelta volontaria operata in un ristorante di lusso con la ragazza che ci fa perdere la testa, bensì una situazione in cui ci siamo trovati, in cui abbiamo convissuto e che abbiamo affrontato serenamente e tutti insieme; è stato molto bello. Tanto che, dopo cena, sempre unicamente alla luce di una candela, con Paolo, Mic e Fabrizio, facciamo una partita a belote; poi a riposare, domani ultimo giorno di lavoro.

domenica 21 settembre 2008

Giorno 17

Huaypan, 16 agosto 2007

Anche oggi, i trasporti del Perù si sono confermati quantomeno "particolari": strade completamente dissestate, velocità più o meno sui 10 km/h, e dunque i relativi tempi di spostamento molto elevati. Basti pensare che a pranzo siamo andati alla missione di Llanama, che dista 10 km da Pomallucay, e ci abbiamo messo un'ora di furgoncino. Come al solito in queste missioni, anche qui abbiamo trovato un'eccezionale spirito di accoglienza: sorrisi, abbracci, e un pranzo eccezionale: pasta al sugo (e parmigiano!!!), insalata con torta salata agli spinaci e.. strudel di mele! Pranzo a parte, per la serie "Il mondo è piccolo", ho avuto modo di parlare con una ragazza che conosce un mio amico dell'Università: a dire la verità, in effetti me ne sono scordato già il nome; so che è qui in Perù da due mesi, e che ce ne starà altri due.
Verso le 15 chiediamo a Paolo e Stefania se se la sentono di riprendere in viaggio, dal momento che erano stati poco bene la sera prima. Data la risposta positiva, risaliamo sul furgoncino e riprendiamo il viaggio di ritorno verso Huaypan, attraversando paesaggi, come al solito, da togliere il fiato: distese pianeggianti, laghetti, e montagne alte, ripide e spigolose a contornare il tutto.
Ad allungare un viaggio già lungo, purtroppo, Stefania che è stata male durante il tragitto (esperienza che solitamente tocca a me), tanto che si è deciso di lasciarla, assieme ad Elena, alla missione di Yungai (ad un'ora di distanza da Huaypan).
Arriviamo a "casa" alle 22 circa, è tardissimo per fare da mangiare; ci arrangiamo con una tisana e dello scatolame, per una cena decisamente improvvisata, prima di andare a riposare.

giovedì 18 settembre 2008

Giorno 16

Pomallucay, 15 agosto 2007

Oggi è la festa dell'Assunzione. Ne ho vissute ben 23 prima di oggi, e non ho mai avuto l'impressione che fosse una festa così importante.
Qui è sentitissima: ieri sera c'è stata una funzione (una specie di rosario), seguita da fuochi d'artificio e danze; questa mattina la funzione alle 10.30, ricchissima di canti, con la Chiesa stracolma. A seguire, la processione dietro la statua della Madonna, sempre mentre la banda suonava e alcuni gruppi danzavano per la piazza.
Secondo me (ma è un parere che dopo aver reso noto è stato molto criticato) si è riproposto un pensiero che ho già avuto,
ossia quello secondo il quale la devozione sfiora un po' l'idolatria. Sono stato tacciato di quasi eresia da un compagno di avventura,
 ma tant'è; forse non ho espresso bene quello che intendevo,
ma quello rimane un po' il mio pensiero. Pranziamo, facciamo un giro al mercato e infine riprendiamo il pulmino, destinazione Pomallucay, luogo dove Don Nicola ha trascorso due anni di seminario.
Arriviamo in tempo per la cena, dopodiché andiamo a letto: domani si parte per Llanama, prima di ritornare alla "base" Huaypan.

mercoledì 17 settembre 2008

Giorno 15

Chacas, 14 agosto 2007

Al contrario di quanto pensavamo, neanche stamattina siamo riusciti a riposare: c'era infatti da accatastare la legna (di due furgoni) al taller di Isabella.
Sveglia presto, dunque, con colazione abbondante (ieri abbiamo salutato Luciano, che ci precede nel rientro in Italia, e Isabella ha preparato due ottime torte, di cui sono avanzate ancora parecchie fette), e poi al lavoro. Sembrava un lavoro di poco tempo; in realtà, seppur non è stato faticoso, ci ha portato via tutta la mattinata.
Prima del pranzo ci prepariamo gli zaini (questo pomeriggio partiamo per Chacas), lo stretto indispensabile: sacco a pelo, un maglione, giacca a vento.
Dopo il viaggio ci apprestiamo a 5 (e forse più) ore di viaggio. Chacas non è lontanissima da Huaypan, ma qui le strade sono peggio delle nostre mulattiere; in Italia non ci sogneremmo mai di percorrere strade simili con una vettura.
E, per certi versi, è un peccato: nonostante buche, sballottamenti e brividi intorno ai bordi delle strade, siamo saliti lungo un sentiero che ci ha portati fino a 5000 metri di altezza, circondati da paesaggi mozzafiato.

Purtroppo soffro il mal d'auto, e quindi non riesco a godere a pieno delle meraviglie che abbiamo attraversato; ma, nonostante tutto, era impossibile non notare enormi valloni nei quali ci addentravamo sempre di più, inframezzati di tanto in tanto da distese pianeggianti attraversate da ruscelli. Per non parlare di quando siamo arrivati in cima, al passo dei 5000 metri, da dove abbiamo potuto godere di una vista meravigliosa: "controllare" da dove eravamo venuti, e dove dovevamo arrivare.

Un'altra cosa che mi ha colpito del viaggio, è in un altro aspetto che differisce dalle nostre abitudini: ad un certo punto, subito dopo il passo, il nostro pulmino prende una buca a velocità eccessiva (sarà stato addirittura 30 km/h......) e rompe una balestra. Da noi sarebbe bastato un sms o una chiamate, ad ogni modo un cellulare, per fare venire qualcuno o a prenderci o ad aggiustare il mezzo. Qui, invece, con calma olimpica, l'autista si è fermato, ha fatto scendere tutti noi, dopodiché si è messo a trafficare mezz'oretta ter tamponare il danno e portarci a destinazione.
Giungiamo quindi a Chacas che è già ora di cena; dopo prenderà il via la festa per "mama Ashu", ossia per la festa dell'Assunzione della Madonna.
Resto con gli altri il tempo di assistere a canti, balli, danze e ai primi fuochi d'artificio, nell'enorme parco antistante l'imponente Chiesa di Chacas; poco prima di mezzanotte, però, non riesco più a tenere gli occhi aperti. Vedo Don Nicola che dà la buonanotte a tutti, e lo seguo.

martedì 16 settembre 2008

Giorno 14

Huaypan, 13 agosto 2007

La giornata di oggi è stata caratterizzata da un lavoro duro, durissimo, massacrante, per tutti: chi caricava e chi li trasportava sulla schiena, ad ogni modo abbiamo impilato 4 file di "adobes", per un totale di 420 mattoni. Alla fine della giornata la mia schiena è a pezzi. Stefania, una delle tre ragazze del gruppo, mi fa un massaggio, al termine del quale mi dice che immagina proprio che mi faccia male, perchè sono duro come una roccia.
Ad ogni modo, per quanto non c'entri nulla con l'esperienza che sto vivendo, oggi non riesco a non scrivere di un'altra situazione. Saranno anche gli scherzi del destino, che hanno messo uno dietro l'altro due giorni significativi, per me: ieri, un giorno che ha caratterizzato anni del passato; oggi, un giorno che potrebbe rappresentare il mio presente. Un mese fa, infatti, avevo quasi avuto l'illusione di avere coronato un sogno. Dico illusione, perchè dopo quel 13 luglio eccezionale, qualcosa, di cui non conosco origini e motivazioni, ha fatto sì che mi svegliassi di colpo. Il destino ha voluto che, dopo il mio risveglio, fosse già ora di partire per questa avventura, il che mi ha obbligato a lasciare la situazione in sospeso. In sospeso, proprio come me, tra il paradiso e il grigiore dell'abitudinaria vita quotidiana.
Ora si dorme, domani forse ci si può riposare un po'. Poi per tre giorni non si lavora più, si va a Chacas, c'è una festa.

giovedì 11 settembre 2008

Giorno 13

Huaypan, 12 agosto 2007

La giornata di oggi è stata caratterizzata da due momenti (e stati d'animo) contrapposti: la mattina, piena di festa e di gioia; il pomeriggio, pieno di dolore e tristezza.

Ci svegliamo alle 5.30 - 6.00 del mattino per recarci, ovviamente a piedi, a Shilla, per la messa. Anche questo momento riporta indietro nel tempo, quando ci si recava a messa a piedi, i bambini dai villaggi e paesi vicini si riversavano nelle strade ad affrontare il cammino (mezz'ora, un'ora, o anche di più) che li conduceva alla messa, alla festa. Qui è lo stesso, si riversano tutti nelle strade (meglio, sentieri): scendendo fino a Shilla ci siamo imbattuti in una miriade di bambini e bambine, ragazzi e ragazze, che scendevano alla messa. Per loro la messa è festa, probabilmente perchè è l'unico giorno che non lavorano, forse perchè al termine della messa sono organizzati dei giochi per loro, forse ancora perchè dopo i giochi viene dato loro del cibo; forse, perchè più di noi oggi (ma come 60 - 70 anni fa), perchè vivono in condizioni non propriamente felici e floride, e hanno bisogno di rivolgersi a Dio, sperando che accolga le loro preghiere.
Dopo la messa, tutti i ragazzini vanno disponendosi in una specie di anfiteatro, situato dietro la Chiesa, e lì iniziano a giocare, cantare, intonare canti; insomma, a rendere la loro Domenica una vera festa.
Verso le 11 viene distribuito loro (saranno stati 400 - 500) il cibo, e dopodiché viene il nostro turno.
Dopo pranzo saliamo su un carro, direzione Carhuaz, un paesino dove c'è il mercato. Ed ecco che la giornata cambia: scendendo vediamo un camion rovesciato, e intorno una cinquantina degli stessi ragazzi che fino a poche ore prima festeggiavano, scossi e in lacrime: il camion è scivolato lungo la scarpata e si è capovolto, e un loro amico (13 anni) è morto. Noi non conoscevamo questo bambino, ma ci siamo sentiti emotivamente colpiti: questi bambini, ragazzi, semplici, riescono a trasmetterti con estrema facilità il loro stato d'animo, che sia di gioia o di tristezza.

martedì 9 settembre 2008

Giorno 12

Huaypan, 11 agosto 2007
Siamo tornati alla missione. Domani è Domenica e non si lavora, e dunque ci siamo di nuovo appoggiati al "taller", che dopo questa settimana vale per noi come un hotel 5 stelle.
Stamattina abbiamo affrontato le ultime ore di lavoro e, chi più chi meno, siamo arrivati all'ora di pranzo molto stanchi. Dopo il pasto, una mezz'oretta abbondante di camminata per giungere alla missione. Qui, finalmente, torniamo a darci una lavata come si deve, decisamente rigenerante (non cura purtroppo il mal di schiena).
Esperienza, per me (viziato) nuova: tocca fare il bucato. Non in lavatrice, assolutamente; bensì a mano, proprio come facevano un tempo le nostre nonne. D'altronde, qui è proprio come un centinaio d'anni fa da noi: si vive di agricoltura e allevamento, il riscaldamento prevede che ci si debba procurare e tagliare la legna, le verdure per cucinare si lavano alla fontana, in giro per le strade macchine e camion (meglio, furgoncini) sono una rarità.
Dopo avere lavato la biancheria sporca, finalmente ci si può riposare, e attendere che le ragazze ci preparino una cena.
Come si apprezzano certe cose da noi ritenute scontate! Un piatto vero, e non una ciotola; bicchieri di vetro, e non di plastica; insalata vera, e non cavolo; un tavolo, e non delle panche. E, la ciliegina sulla torta, rappresentata da delle fettine si speck riscaldate sulla stufa. Una delizia indescrivibile, in questi giorni in cui, pur mangiando meglio di come ci si attendeva, la carne è comunque da considerarsi come una novità.
Terminata la cena, restiamo tutti intorno alla stessa tavola: Don Nicola ci intrattiene raccontandoci un po' il perchè siamo qui, la storia di tutte le missioni che ci sono sparse in questa parte di Perù.
Dopo, un letto, finalmente. Ad accogliere il riposo di una dozzina di ragazzi stanchissima, in attesa della Domenica. Ah, ecco un'altra cosa semplice che si apprezza in maniera incredibile: il dì di festa, e di riposo: la Domenica.

lunedì 8 settembre 2008

Giorno 11

Husno, 10 agosto 2007

Finalmente la casa ha iniziato a prendere forma: le pietre che con fatic abbiamo trasportato da Martedì ad oggi sono state posate come fondamenta, e abbiamo anche iniziato a posare file di adobes.
Il tutto, sempre mentre Leonela, Lionel e tutti i fratelli continuano a giocherellare intorno a noi, a richiedere la nostra attenzione per giocare con loro, anche solo cinque minuti. Non tutti però. Perchè qui c'è chi non può permettersi di arrivare a 20 anni e credere che il mondo giri intorno a lui. E' il caso di Alibeth, la sorella maggiore, la più grande della famiglia dopo sua madre, in quanto il padre è scappato di casa. Lei, 12 anni, deve prendersi cura dei suoi fratellini, in particolare di Oscar e Jason, due gemellini di un anno e qualche mese. Quando c'è qualcuno che strilla piangendo per reclamare attenzione è lei che corre, è lei che controlla la situazione, è lei che si inventa giochi e distrazioni all'ombra di una carriola, con bastoncini di legno e carte di caramelle; ed è sempre lei che, se non bastano questi stratagemmi, se li carica a braccia cullandoli e cantando loro tenere canzoncine. Lei, Alibeth, che dorme per terra di notte, in quanto non ha un letto; o, meglio, un letto ce l'avrebbe, ma non può adoperarlo: deve restare vuoto nel caso che il padre torni a casa.
La giornata scivola via, e dopo la cena e qualche canto, è ora di dormire. Ci mettiamo nei nostri sacchi a pelo, tutti stretti e un po' scomodi. Ma pensiamo ad Alibeth, e va bene così.

giovedì 4 settembre 2008

Giorno 10

Husno, 9 agosto 2007

Gli "adobes" sono finalmente finiti, nel senso che ce n'è a sufficienza, e possiamo passare a scavare nella terra e creare corridoi, nei quali poi getteremo pietre come fondamenta.
Anche oggi "don Victor" (il capocantiere) non è il massimo dell'allegria e della simpatia; non ci rende partecipi del progetto. E, soprattutto, ci indispettisce il fatto che pensi a procedere un passo alla volta, senza pensare alla globalità del progetto stesso: ad esempio, questa mattina abbiamo sollevato chili e chili di pietre, e le abbiamo disposte su un lato della casa, dal momento che l'indicazione era che "c'era bisogno di accumulare pietre lì"; nel pomeriggio la disposizione è diventata di "cominciare a riempire i corridoi che avevamo scavato partendo dal lato più basso della casa, che il caso ha voluto fosse quello opposto a quello dove le avevamo accumulate in mattinata.
Probabilmente non è don Victor strano, o scontroso, o incapace. Probabilmente è la mentalità vigente in queste società ancora poco avanzate, che consiste nel non programmare le cose a lungo, ma di risolvere un problema alla volta, che si impone anche sul lavoro.
Sono le 17, la giornata lavorativa è finita, e siamo pronti a tornare a casa; gioco ancora un po' con Leonela, che si diverte a farsi lanciare in aria e poi a farsi riprendere. Ho sollevato pietre (come tutti, d'altronde) tutto il giorno, ho la schiena a pezzi, ma come si fa a non regalare qualche momento di gioia ad una bambina così dolce? Ogni volta che la sollevavo sembrava che le regalassi una macchina, un ingresso allo stadio, o tutte queste cose di cui abbiamo bisogno (me compreso) per essere felici.
Ora sono seduto fuori di "casa", seduto su una panchina a guardare il tramonto. I colori sono splendidi: all'orizzonte il sole è dietro la montagna, e rimangono il colore rosso a contornare le cime, e il rosato, fino a sfumare in quell'azzurrino che a minuti diventerà un blu intenso cosparso di stelle.
Cala la sera, e l'unica nota stonata è il solito freddo: nel girò di un quarto d'ora mi sarò già messo un cappello di lana e la giacca a vento.

mercoledì 3 settembre 2008

Giorno 9

Husno, 8 agosto 2007

Seconda giornata di lavoro. Iniziano i problemi col "capocantiere": "C'è troppa acqua", "C'è troppa poca acqua" (nei mattoni..).. Il problema nasce dal fatto che l'impasto è il medesimo, e che non ci spiega quando per lui c'è troppa acqua, e quando invece ce n'è troppo poca.
Verso fine mattinata inizio a temere di essere un peso, invece che un aiuto: ero spesso fermo, molto stanco, la schiena a pezzi; stava venendo fuori la mia natura (peraltro imperfetta) di topo da biblioteca, e non sopportavo, questo era il più, di essere quello che accusava di più la fatica. Sarà stato un pranzo particolarmente rinvigorente, ma fortunatamente nel pomeriggio sono andato a mille: assieme ad alcuni compagni (Paolo, Simone, Don Nicola, Mic) abbiamo adottato un'organizzazione più "scientifica" del lavoro: riuscivamo a produrre di più, e allo stesso tempo avevamo qualche pausa; il tutto ci permetteva di razionalizzare le energie e prendere il ritmo, decisamente buono, che riusciamo a tenere durante tutto il pomeriggio.
Quando torniamo alla casa, le ragazze ci raccontano di come hanno passato il pomeriggio: avevano infatti il compito di lavare i 7 figli della signora a cui stiamo costruendo la casa; inoltre, avevano il compito di disinfettarli e, eventualmente, curarli (per quanto possibile).
Ci raccontano di enormi sorrisi, di sguardi affascinati per cose di cui non conoscono l'esistenza, come lo shampoo, le creme, i disinfettanti. Raccontano di tanta tenerezza e tanta semplicità, di feste per una banana, di gioia per giocare un po' con la palla, di divertimento eccezionale nel farsi fotografare e, soprattutto, vedersi poi sullo schermo delle nostre digitali.
Arriva la sera. Alibeth, Elmida, Leonela, Lionel e gli altri bambini tornano a casa loro; noi prepariamo la cena, e proviamo a organizzare una festa: oggi è il compleanno di Eleonora, e sarebbe bello passare una bella serata di festa.
Una zuppa, una mega insalata, del Mate, un pandoro (gentilmente regalatoci dalla missione, da cui era giunto grazie a una della raccolte viveri che si organizzano dall'Italia), una chitarra e tanti canti, addirittura una cioccolata. Una festa molto differente da come sarebbe stata da noi, credo molto apprezzata, in quanto c'era un bel clima, caldo e semplice, non freddo e dispersivo come, talvolta, può capitare da noi.
Di contorno, oltre a una temperatura prossima allo zero, un cielo stellato come mai ho visto prima.

martedì 2 settembre 2008

Giorno 8

Husno, 7 agosto 2007

Sveglia alle 6, prima giornata di lavoro. Dopo colazione scendiamo e iniziamo a lavorare. Per prima cosa dobbiamo preparare i mattoni, e in una maniera completamente diversa dalla nostra: in primo luogo bisogna bagnare (e molto!) la terra, dopodichè cospargere tutta la fanghiglia con la paglia; infine, pestare il tutto in maniera che paglia e fango si amalgamino.
Fatto questo (e non è una passeggiata) bisogna palare il tutto e caricarlo sulle carriole (ne abbiamo solo due). In seguito, le carriole verranno svuotate in due "formine" (anche qui ne abbiamo solo due), che daranno forma ai mattoni.
Questo lavoro si è protratto per tutto il giorno, e a turno eravamo abbastanza distrutti. Personalmente è stato il primo lavoro "seriamente" manuale, ed è stato abbastanza pesante da sostenere; anche se bastava alzare lo sguardo e incrociare quello di Elmida, Lionel, Leonela, Alibeth, e degli altri tre ancora più piccolini per trovare un po' di forze e continuare a portare avanti il lavoro. Aveva detto bene Don Nicola al termine della colazione: "Più noi aspettiamo ad andare, più loro restano al freddo".


Ora sono, saranno, le 19 circa: le ragazze (Elena, Eleonora, Stefania) stanno preparando la cena, siamo tutti (quasi) a far loro compagnia, mentre Paolo allieta il tutto col suono della chitarra. Fra un po' si cenerà, e oggi ho imparato cosa significhi guadagnarsi da mangiare. Dopo cena qualcuno (probabilmente io, che ora sono nullafacente, in quanto sto scrivendo due righe mentre ognuno si sta adoperando per la cena) laverà i piatti, dopodichè credo si andrà a dormire nel caldo dei sacchi a pelo, poichè siamo tutti abbastanza stanchi.
E domani si lavora ancora: c'è da fare in modo che chi è più sfortunato di noi possa, perlomeno, ripararsi dal freddo.

lunedì 1 settembre 2008

Giorno 7

Huaypan, 6 agosto 2007

E' stata l'ultima giornata al "taller" di Huaypan. E' iniziata presto, con la messa alle 6.30 del mattino, nella Chiesa adiacente il collegio; dopo messa, la colazione, nel refettorio che poche ore prima ci aveva molto emozionato.
Al contrario di ieri sera, ci siamo un po' sparsi per i tavoli, assieme alle ragazzine; sono timidissime, tanto che ci paiono quasi buffe (come d'altronde, forse, anche noi sembriamo buffi a loro). Si imbarazzano facilmente, basta anche solo che tu non capisca quando ti parlano, e l'immediata conseguenza è una mano davanti alla bocca a coprirsi un sorriso; e, ad accentuare questo movimento, il voltarsi da un'altra parte, se non magari addirittura il cercare un minimo riparo nei dintorni dell'asse del tavolo. Dopo la colazione, Isabella (la "mama" del "taller") ci accompagna a fare una passeggiata, ad ammirare il paesaggio e a respirare aria buona, così diversa da quella di città che siamo abituati a sopportare quotidianamente.
Scivoliamo così all'ora del pranzo. Le ragazze del collegio sono abituate a recitare una preghiera prima di sedersi a tavola, che sia colazione, pranzo o cena: "Gracias por esta comida che vamos a comer..", che si conclude poi con una "richiesta" affinchè anche i poveri ne abbiano. Neanche il tempo di finire la preghiera che iniziano tutte a urlare i nostri nomi, per averci a tavola con loro. Prendiamo posto e pranziamo insieme; questa volta sono meno timide, ci fanno domande: "Quanti anos tienes", "Tiene enamorada?", "Como se llaman padre e madre", "Si tenemos hermanos o hermanas", e via dicendo.

Il pranzo scivola così, veloce, velocissimo; avremmo voglia di protrarre il pranzo ancora a lungo, e invece il refettorio si svuota. Ma....."Venite jugar la pelota?", ci chiedono. Di nuovo, come rifiutare? Andiamo su un prato lì vicino, in quattro e quattro otto preparano un campetto, e giochiamo a palla prigioniera. La conoscono anche qui, e ci divertiamo un sacco, e anche loro. Tutti insieme, con la polvere che si levava, giochiamo, corriamo, ci divertiamo. Dopo un'oretta termina anche questo fotogramma, perchè le ragazze devono andare a imparare a tessere, e noi dobbiamo prepararci per andare in un paesino, a circa un'ora di cammino di distanza, dove dovremo costruire la casa a una famiglia povera. Questo paesino si chiama Husno. Appena arriviamo, dopo avere lasciato gli zaini in quella che sarà la nostra angusta dimora fino a venerdì (quando torneremo al "taller"), ci rechiamo sul "posto di lavoro".
Diciamo pure che davanti ai nostri occhi vediamo immagini che non abbiamo mai visto; perlomeno, personalmente questa è stata la volta che ho visto le persone più povere: la signora Nelida, con sette figli, senza casa, che vive in mezzo alla polvere. O, meglio, la casa ce l'hanno, ma è crollata un'intera parete, e quindi la differenza non è molta, soprattutto adesso che qui è inverno, e la temperatura, quando tramonta il sole, si abbassa notevolmente. Con Don Nicola, Paolo, i due Michel e tutti gli altri prendiamo un po' di "confidenza" con loro, proviamo a conoscerci, scambiamo qualche parola. Dopo un po' torniamo in casa, ceniamo e preghiamo.
Sono le 21.30, siamo pronti per dormire. Qui, infatti, si vive con l'orario solare nel vero senso della parola: dalle 6 alle 18 c'è il sole, quindi già avendo proseguito fino alle 21.30 abbiamo un po' trasgredito.