Ultimo giorno di lavoro significa anche, però, ultimo giorno con i bambini, che in queste settimane ci hanno riempiti
di gioia, e, quindi, di saluti.
In pratica, tutto il lavoro l'abbiamo fatto al mattino; tranne un paio di noi, rimasti alla casa dove lavoriamo, tutti gli altri (e Beppe) siamo andati nel boschetto a tagliare la legna.
C'è da dire che questo boschetto non è il massimo della comodità per prendere la legna, anzi: gli alberi si trovano in uno dei due lati, ripidi, intramezzati da un ruscello; e, ovviamente, il lato dove c'è la legna che ci serve non è quello che dà sulla strada, bensì l'altro.
Questo fatto comporta che, dopo aver tagliato la legna, dobbiamo ribaltare i tronchi da un lato all'altro del boschetto, e solo allora, con l'ausilio di corde, tirare sulla strada il tutto. Con un po' di stupore, riusciamo a trasportare sul ciglio della strada tutta la legna che ci serve prima del pranzo, in maniera tale che nel pomeriggio non ci sia altro da fare se non trasportare, col carro, tutta la legna tagliata, dal boschetto alla casa.
Arriva il pomeriggio, portiamo a termine l'ultima parte del lavoro che ci spetta e, dopo, inizia la triste fase dei saluti, e tutto il "contorno" che li precede: prima, con tutto il gruppo, ci facciamo scattare foto seduti sul (quasi) tetto della casa che, con fatica, abbiamo costruito; poi, regalo una scatola di pennarelli e 7 magliette (una per ciascun bimbo) ai bambini, consegnandole ad Alibeth, la sorella maggiore.
Infine, i saluti. E qui, la maturità di Alibeth mi ha colpito nuovamente: mentre tutti i suoi fratellini e sorellini più piccole, ma anche sua madre, la nonna ed il nonno ci ringraziavano, ma ci chiedevano anche se saremmo tornati "
manana", o "
Lunes", lei è stata l'unica che aveva capito che non ci avrebbe più rivisto.
Durante gli ultimi giochi, e le foto con i bambini, se ne è stata triste, in disparte; durante i saluti si è allontanata verso il carro di Beppe, come a non volere accettare il fatto di doverci salutare.
E, infatti, non ha salutato, nel vero senso della parola, praticamente nessuno, me compreso. Salvo, mentre camminavo con Simone sulla via di Huaypan, sentirmi chiamare dalla cima di una collinetta "Alessandro! Alessandro!" e, dopo essermi voltato, vedere Alibeth che mi salutava, "Ciao Alessandro!". Un'emozione decisamente forte che mi porterò dentro. Perchè noi, i "gringos", oltre alla casa, per 2 settimane abbiamo come dato gioia e distrazione a questi bambini, facendoli venire a contatto con un qualcosa che non si aspettavano e che per loro era fonte, appunto, di distrazione e gioia.
Come per noi potrebbe essere vivere una giornata con i giocatori della nostra squadra del cuore, noi eravamo i loro eroi: "
Don Simon", "
Alessandro Hipkins", "
Michel dos babayago", "
Pablo loco" ecc. Ma quello che mi rende, egoisticamente, triste, è che non siamo stati solo noi a portare qualcosa a loro; mi mancherà molto quello che loro davano a noi: la semplicità di essere felici, il valore dei sorrisi, volendo anche una compassione costruttiva che ti fa incazzare mostrandoti come il mondo non è giusto, ma che ti spinge a voler fare qualcosa per cambiare le cose. Questo è quello che mi porto dentro della giornata di oggi, che si conclude con un gusto dolceamaro: se, infatti, dal punto di vista fisico sono distrutto, e non mi spiace troppo che oggi sia stato l'ultimo giorno di lavoro, dal punto di vista emotivo mi spiace non potere più passare del tempo accanto a questi bambini meravigliosi, da cui ho, abbiamo, ricevuto (e, credo, dato) gioia.